Il 16 ottobre è la Giornata Mondiale dell’Alimentazione, istituita dall’ONU nel 1979. Per l’occasione, vogliamo dedicare questo articolo al Food Sustainability Index.
Il Food Sustainability Index è uno studio globale incentrato sui temi della nutrizione e della sostenibilità, nato dalla collaborazione tra il Barilla Center for Food & Nutrition e l’Economist Intelligence Unit.
Lo studio raccoglie i dati di 67 Paesi per stabilire gli aspetti su cui intervenire per risolvere i cosiddetti “paradossi del cibo” e, contemporaneamente, occuparsi degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 incentrati sulla nutrizione e documentarne i progressi.
I principali paradossi del cibo oggi sono sostanzialmente tre.
Il primo riguarda l’obesità: siamo comunemente portati a pensare che nel mondo ci siano più persone denutrite che persone obese, ma la realtà è che per ogni persona denutrita ce ne sono almeno due in stato di obesità. Dal 1980 ad oggi, infatti, il numero di persone obese è raddoppiato.
Entrambe le condizioni, ovviamente, possono portare al decesso e sono in generale indice di squilibri economici, sociali e personali.
Il secondo paradosso riguarda l’utilizzo dei prodotti agricoli: un terzo di essi, infatti, è impiegato come mangime per animali o come biocarburante invece che come cibo per le persone, nonostante milioni di adulti e bambini nel mondo non abbiano abbastanza cibo per sopravvivere.
Stesso discorso per l’acqua: ogni giorno 4000 bambini muoiono per mancanza di acqua potabile, quando ci vogliono decine di migliaia di litri d’acqua per produrre un chilo di carne di manzo.
Il terzo paradosso riguarda lo spreco alimentare: ogni anno si sprecano 1,3 miliardi di tonnellate di cibo commestibile in tutto il mondo, cibo che potrebbe essere benissimo impiegato per sfamare le centinaia di milioni di persone che soffrono la fame. Questo paradosso rivela palesi problemi negli attuali sistemi di produzione e distribuzione del cibo, oltre a cattive abitudini individuali.
Il Food Sustainability Index svolge le proprie ricerche in base a tre pilastri di riferimento, interconnessi tra loro: agricoltura sostenibile, sfide nutrizionali e lotta contro gli sprechi e perdite di cibo.
Il primo pilastro riguarda lo sviluppo di un’agricoltura che sia fonte di cibo di qualità e, contemporaneamente, sostenibile. L’agricoltura, in tal senso, dovrà ridurre l’utilizzo di pesticidi chimici, fertilizzanti e allevamenti intensivi. Così facendo verrà sprecata meno acqua e si ridurranno le emissioni di gas serra e la contaminazione dei terreni.
Il secondo pilastro riguarda le sfide che i governi, le imprese e i singoli individui devono affrontare, come la malnutrizione e l’obesità dilaganti a livello mondiale.
Il terzo pilastro coinvolge le politiche da attuare per contrastare gli sprechi di cibo che avvengono quotidianamente sia a causa dei produttori, quindi prima ancora che il cibo raggiunga i mercati, che dei consumatori, che spesso gettano via cibo ancora buono. Si stima che ogni giorno 1/3 del cibo prodotto venga sprecato.
La Francia è il Paese che ha ottenuto i risultati migliori, seguita da Giappone, Germania, Spagna, Svezia, Portogallo, Italia, Sud Corea e Ungheria. Questi paesi hanno dimostrato di applicare forti politiche riguardo lo spreco di cibo, la ricerca legata all’agricoltura e l’educazione sulla nutrizione.
Nel 2016 inoltre, in Francia è stata introdotta una legge che impone ai supermercati di donare in beneficenza il cibo invenduto.
L’Italia è il Paese migliore per quanto riguarda l’agricoltura sostenibile. Lo Stivale ha dimostrato ottime capacità nella gestione di aria e acqua, un po’ meno in quella del terreno.
Inoltre, nel 2016, in Italia è stata approvata una legge che riduce gli ostacoli alla donazione di cibo (Legge Gadda).
Il Giappone è al primo posto nel campo delle sfide nutrizionali, dimostrando risultati particolarmente rilevanti nei campi della qualità della vita e dell’aspettativa di vita.
L’Ungheria è al primo posto nella categoria dell’attività fisica: l’85% della popolazione ungherese svolge la propria quantità d’attività fisica necessaria alla settimana, passando solo una media di 2.4 ore davanti alla TV o al PC.
Le popolazioni più denutrite si trovano nell’Africa subsahariana.
In generale i paesi con un alto livello di food sustainability tendono ad avere maggiori guadagni, maggiori livelli di sviluppo umano, popolazioni numericamente inferiori e un’urbanizzazione più lenta.
Indubbiamente tutti questi Paesi dovranno continuare a valutare le proprie scelte e le proprie azioni in base alle sfide che proporrà il futuro, come ad esempio quella di una popolazione mondiale in continua crescita: si stima che entro il 2050, infatti, la popolazione mondiale potrebbe arrivare a 9 miliardi di persone. Con questi dati, risulta evidente che diventerà sempre più difficile soddisfare la crescente domanda di cibo.
Inoltre, gli effetti del cambiamento climatico potrebbero avere ripercussioni sull’ambiente molto prima di quanto si pensi.
La buona notizia è che un approccio olistico, caratterizzato da un focus congiunto di governi, associazioni e singoli individui, potrebbe contribuire senz’altro a superare queste ardue sfide e questi paradossi. Il segreto risiede e risiederà nel modo in cui ci approcceremo alla produzione e al consumo di cibo nei prossimi anni.
“Il cibo è più buono quando è buono per la nostra salute e per quella del nostro Pianeta. Andiamo oltre il gusto”.